Fatti di causa
In questo caso esaminato, un consorzio ha partecipato a una gara d’appalto regolata dal Codice del 2006. La stazione appaltante ha escluso il consorzio per irregolarità fiscali e contributive, poi ha richiesto l’escussione della garanzia provvisoria. Il TAR Lazio ha respinto il ricorso del consorzio, ritenendo l’escussione automatica e la questione della sua tempestività non di competenza del giudice amministrativo, ma di natura privatistica. Il consorzio ha appellato la sentenza al Consiglio di Stato.
Punti chiave della vicenda:
Escussione automatica:
Sotto il Codice del 2006, la giurisprudenza riteneva l’escussione della garanzia provvisoria automatica in caso di esclusione dalla gara per irregolarità.
Giurisdizione:
Il TAR ha considerato la questione della tempestività dell’escussione non di sua competenza, ma di natura privatistica, quindi non di competenza del giudice amministrativo.
Appello:
Il consorzio contesta la decisione del TAR, portando la questione al vaglio del Consiglio di Stato.
La giurisdizione sull’escussione della garanzia
Il Consiglio di Stato preliminarmente accerta la propria giurisdizione su tutta la res controversa, ritenendo che la decisione sul provvedimento di escussione della garanzia spetti, nel caso di specie, integralmente alla giurisdizione amministrativa. Ciò in quanto:
- L’incameramento della cauzione è conseguenza diretta del provvedimento di esclusione o di decadenza dall’aggiudicazione, per cui esso è attratto dalla giurisdizione sulla causa;
- L’incameramento della garanzia non riguarda la fase esecutiva del rapporto, atteso che questo interviene in una fase in cui alcun rapporto contrattuale è sorto, ma la fase procedimentale, nella quale l’ente esercita poteri pubblicistici di cognizione del giudice amministrativo.
- In sintesi, il Consiglio di Stato considera l’incameramento della garanzia come un atto facente parte del procedimento amministrativo, piuttosto che una fase di esecuzione del contratto, giustificando così la sua competenza giurisdizionale.
L’art. 1957 del codice civile e l’applicabilità del termine di decadenza semestrale alla garanzia provvisoria (e ai contratti autonomi di garanzia)
L’articolo 1957 del codice civile, che prevede la decadenza del creditore dal diritto verso il fideiussore se non agisce contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, si applica anche alle garanzie provvisorie (contratti autonomi di garanzia) nell’ambito degli appalti pubblici. Questa disposizione, di natura suppletiva, può essere derogata dalla volontà delle parti, ma tale deroga deve essere espressa. La clausola “a prima vista” o “a prima richiesta” non è di per sé una deroga all’art. 1957, e la volontà di derogare alla norma deve essere accertata di volta in volta.
Elaborazione:
L’articolo 1957 del codice civile italiano disciplina il termine di decadenza entro cui il creditore deve agire contro il debitore principale per non perdere il diritto di rivalersi sul fideiussore. Originariamente, la norma si riferiva espressamente alla fideiussione, ma la giurisprudenza, in particolare la Corte di Cassazione, ha esteso la sua applicazione anche ai contratti autonomi di garanzia, come le garanzie provvisorie negli appalti pubblici.
Questa estensione si basa sull’idea che il principio di tutela del garante, sotteso all’articolo 1957, sia valido anche per i contratti autonomi di garanzia, nonostante la loro natura autonoma rispetto al rapporto principale. Tuttavia, la norma non è imperativa e può essere derogata dalla volontà delle parti, ma tale deroga deve essere esplicita e chiaramente manifestata.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che la presenza di una clausola “a prima richiesta” o “a prima vista” in un contratto di garanzia non implica automaticamente una deroga all’art. 1957. È necessario verificare caso per caso se le parti abbiano inteso derogare al termine di decadenza semestrale, e nel caso specifico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per affermare una volontà di deroga.
La decorrenza del termine
La difesa dell’ente pubblico sostiene la tempestività della richiesta di escussione della garanzia provvisoria, affermando che, considerando le proroghe, il termine ultimo di efficacia dell’offerta era il 28 marzo 2019. Pertanto, la richiesta del 25 settembre 2019 sarebbe conforme all’articolo 1957 del codice civile, che disciplina la decorrenza dei termini per l’escussione. Tuttavia, il Consiglio di Stato evidenzia che il termine per l’escussione non decorre dalla scadenza dell’offerta, ma dall’evento dannoso, ovvero l’esclusione del concorrente, che impedisce la stipula del contratto. Di conseguenza, nel caso specifico, il termine era già scaduto, rendendo illegittima la richiesta di escussione.
In dettaglio:
- La difesa dell’ente pubblico argomenta:
La garanzia provvisoria ha come termine ultimo di efficacia la data di scadenza dell’offerta, che, a seguito delle proroghe, era il 28 marzo 2019. La richiesta di escussione del 25 settembre 2019 rientrerebbe quindi nei sei mesi previsti dall’art. 1957 del codice civile.
- Il Consiglio di Stato precisa:
Il termine per l’escussione della garanzia provvisoria non decorre dalla scadenza dell’offerta, ma dall’evento dannoso, che nel caso di specie è l’esclusione del concorrente.
- L’esclusione del concorrente:
L’esclusione, come provvedimento che impedisce la stipula del contratto, rappresenta l’evento dannoso che fa decorrere il termine per l’escussione della garanzia.
- Conseguente illegittimità:
Poiché il termine per l’escussione decorre dall’esclusione e non dalla scadenza dell’offerta, nel caso specifico il termine era già scaduto al momento della richiesta di escussione, rendendo quest’ultima illegittima.
Conclusioni
La sentenza del 22/05/2025 n.6490, ben argomentata, individua un punto rilevante: l’escussione della garanzia va effettuata entro sei mesi dal provvedimento, qualunque esso sia, che determina l’impossibilità di stipulare il contratto.
Questo termine ha dei riflessi rilevanti soprattutto in termini di possibile danno erariale in capo ai funzionari. Infatti, la tardività ha comportato l’impossibilità per l’ente di acquisire una qualsiasi somma dal garante, e quindi una perdita indiretta dal punto di vista economico.
Certamente nel caso di specie è difficile potersi ritenere che i funzionari abbiano agito con dolo o colpa. La complessità del tema sembra infatti escludere profili di dolo o colpa grave.
Ma in futuro diverrà più difficile operare tale difesa, in presenza di un precedente adesso chiaro.
Conviene, quindi, sempre attivarsi quanto prima per l’escussione della garanzia, così da evitare il possibile insorgere di criticità e danni.