focus_settimana

La partecipazione alle gare pubbliche da parte di imprese in crisi: il Consiglio di Stato chiarisce i confini della causa escludente

Nota alla sentenza Cons. Stato, Sez. V, 18 aprile 2025, n. 3418

INTRODUZIONE

Con la sentenza n. 3418 del 18 aprile 2025, il Consiglio di Stato – Sezione V – si pronuncia su un tema rilevante e delicato nel contesto delle procedure a evidenza pubblica: la possibilità per operatori economici in stato di crisi (e più precisamente sottoposti a procedura concorsuale) di partecipare a gare pubbliche. La pronuncia si inserisce nel solco di un’evoluzione normativa e giurisprudenziale che, negli ultimi anni, ha cercato di bilanciare due esigenze contrapposte: da un lato, la tutela dell’affidabilità contrattuale nella contrattazione pubblica; dall’altro, la salvaguardia della continuità aziendale e dell’accesso al mercato da parte di imprese in crisi ma potenzialmente risanabili.

Sommario:

  • Il quadro normativo di riferimento e il caso in concreto;

  • La ratio dell’esclusione  e la sua evoluzione

  • Conclusioni

Il quadro normativo di riferimento

La sentenza si fonda principalmente sull’art. 94, comma 5, lett. d) del d.lgs. n. 36 del 2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici), il quale prevede l’esclusione automatica dalla partecipazione alle gare dell’operatore economico che si trovi in stato di liquidazione giudiziale, liquidazione coatta, concordato preventivo o che abbia pendente una domanda per accedere a tali procedure. Tuttavia, detta esclusione è derogabile nei casi in cui intervengano specifici provvedimenti autorizzativi da parte del giudice della crisi, come previsti dall’art. 95 del d.lgs. n. 14 del 2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) e dall’art. 186-bis r.d. n. 267/1942 (per il previgente concordato con continuità aziendale).

Nel caso esaminato, l’impresa partecipante alla gara pubblica operava tramite affitto di ramo d’azienda da una società sottoposta a liquidazione giudiziale. La stazione appaltante aveva dubitato della legittimità della partecipazione, ritenendo che la situazione del concedente integrasse la causa di esclusione automatica. Il Consiglio di Stato ha però chiarito che, ai sensi dell’art. 184 del d.lgs. n. 14/2019, il contratto di affitto di ramo d’azienda non viene automaticamente meno con l’apertura della liquidazione giudiziale e non determina ex se l’inaffidabilità del concorrente.

La ratio dell’esclusione e la sua evoluzione

La Sezione V ricorda come la ratio dell’esclusione automatica sia da rinvenirsi nel timore che un operatore in crisi non garantisce l’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali. Tuttavia, tale presunzione di inaffidabilità deve essere oggi modulata alla luce della normativa sopravvenuta e, in particolare, della possibilità che il giudice della crisi autorizzi l’impresa a partecipare alla gara. In altri termini, l’elemento dirimente non è più la condizione soggettiva dell’imprenditore (crisi, insolvenza, liquidazione), ma l’affidabilità del soggetto rispetto allo specifico contratto oggetto della gara.

Il Consiglio di Stato sottolinea un aspetto sostanziale ma spesso trascurato: nel contratto di affitto d’azienda, l’impresa concedente (in stato di liquidazione giudiziale) assume la veste di creditore del canone d’affitto, mentre è l’affittuario ad assumere in proprio la responsabilità dell’esercizio d’impresa. Pertanto, la posizione soggettiva della società in crisi non influisce sulla capacità tecnica e organizzativa del soggetto partecipante alla gara (l’affittuario), che resta titolare dei requisiti richiesti.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un passo significativo verso una concezione più flessibile, concreta e moderna delle cause di esclusione nelle gare pubbliche. In linea con la direttiva UE 2019/1023, il Consiglio di Stato afferma che non è lo stato di crisi in sé ad escludere un operatore, ma la mancata autorizzazione giudiziale che ne attesti l’idoneità a partecipare, introducendo un “giudizio prognostico qualificato” sull’affidabilità futura dell’impresa. Ciò segna il definitivo superamento dell’antinomia storica tra procedure concorsuali e contratti pubblici (risalente all’art. 68 del r.d. 827/1924), che vedeva l’impresa in crisi come automaticamente inidonea.

Questa lettura si dimostra conforme al diritto euro unitario, che rimette agli Stati membri il bilanciamento fra tutela del mercato e salvaguardia dell’economia reale. Il Consiglio ribadisce che le norme europee consentono agli Stati di adottare regimi flessibili di esclusione, basati su esigenze interne, senza imporre automatismi.

La pronuncia n. 3418/2025 si inserisce in un filone interpretativo volto a favorire una lettura evolutiva e pro-concorrenziale delle norme sugli appalti, attenta sia alla tutela dell’interesse pubblico che alla promozione del risanamento d’impresa. In questa prospettiva, il giudice amministrativo valorizza la distinzione tra affidabilità soggettiva dell’operatore e continuità del contratto, aprendo la strada a una maggiore inclusività nel mercato degli appalti, senza sacrificare i presidi di garanzia per l’Amministrazione.

La sentenza del 2025 risulta essere un tassello centrale di questo nuovo approccio dalla presunzione di esclusione fondata su condizioni soggettive di crisi, alla valutazione concreta dell’affidabilità e della capacità esecutiva, coerente con la più recente normativa nazionale ed europea che cerca di coniugare rigore e apertura, legalità e pragmatismo.

Hai bisogno di aiuto?

Lasciaci i tuoi dati, ti contatteremo al più presto!

Descrivi brevemente quello di cui hai bisogno.