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Risoluzione consensuale e obblighi dichiarativi

La Risoluzione consensuale è esclusa dagli obblighi dichiarativi. Un caso senza dubbio di rilievo, esaminato dal TAR Emilia, ha riguardato un concorrente che ha agito in giudizio chiedendo che venisse annullata l’aggiudicazione effettuata da una Azienda Sanitaria, relativamente al servizio di gestione degli ausili proteici per disabili.

Sommario

  • Il caso esaminato dal T.A.R. Emilia, Bologna, nella sentenza n.939 del 12.12.2024

  • La decisione dei giudici amministrativi e le loro indicazioni

  • Considerazioni e conclusioni

Il caso esaminato dal T.A.R. Emilia, Bologna, nella sentenza n.939 del 12.12.2024

Nel caso sopra sinteticamente descritto il concorrente, come detto, ha agito in giudizio chiedendo che venisse annullata l’aggiudicazione effettuata da una Azienda Sanitaria, relativamente al servizio di gestione degli ausili proteici per disabili.

Infatti, una volta ricevuta la comunicazione dell’esito di gara, verificati i punteggi assegnati, la ricorrente aveva inviato una richiesta di chiarimenti alla S.A. a causa di diverse incongruità riscontrate, con contestuale istanza di annullamento che era stata rigettata.

Il concorrente, avendo ritenuto illegittima la decisione della S.A., aveva introdotto ricorso chiedendo l’annullamento della aggiudicazione in favore della controinteressata 

Il Concorrente ha proposto alcuni motivi di censura tra cui principalmente: violazione del principio di buona fede di cui all’art 5 co. 1 d. lgs. n. 36/2023 e violazione del principio di fiducia di cui all’art 2 co. 1 d. lgs. n. 36/2023 per omessa indicazione da parte dell’Aggiudicataria di precedente risoluzione di contratto di fornitura pubblica disposto nei propri confronti e non dichiarato nel DGUE, nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 95 co. 1 lett. e) e dell’art. 98 co. 3 lett. c) d.lgs. n. 36/2023.

La ricorrente aveva contestato in particolar modo l’omessa indicazione da parte dell’Aggiudicataria di precedente risoluzione di contratto di fornitura pubblica disposto nei propri confronti e non dichiarato nel DGUE, in altra gara esperita da altra ASL per un servizio identico.

La risoluzione  — peraltro consensuale — era stata disposta in quanto nel periodo di prova erano state riscontrate delle concrete difficoltà, e pertanto, ex art. 1372 cod. civ., si era pervenuti a tal suddetta decisione.

La disposizione prevede che il contratto abbia forza di legge tra le parti e infatti non può essere sciolto per mutuo consenso e cause ammesse dalla legge.


La decisione dei giudici amministrativi e le loro indicazioni

I giudici amministrativi hanno ritenuto che il ricorso, nel suo motivo principale, fosse infondato, visto e considerato che, lo scioglimento contrattuale non si era verificato a fronte di un inadempimento contrattuale da parte della Azienda, trattandosi di risoluzione consensuale e quindi esclusa dagli obblighi dichiarativi in materia di appalti pubblici (Consiglio di Stato Sentenza n. 6997/2022), a maggior ragione, tenendo conto del principio di tassatività per gli illeciti professionali ex art. 98 comma 3 del D. Lgs. 36/2023, che riconduce l’illecito professionale ad uno dei seguenti casi e/o elementi

c) condotta dell’operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili, derivanti da inadempienze particolarmente gravi o la cui ripetizione sia indice di una persistente carenza professionale”, prevedendo al comma 6 quali mezzi di prova idonei in relazione al comma 3 “c) quanto alla lettera c), l’intervenuta risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno o ad altre conseguenze comparabili”.


Considerazioni e conclusioni

Nel caso di specie, la delibera del Direttore Generale della S.A., in realtà consisteva nel fatto di aver preso atto della decadenza dell’offerta della Ditta per motivate difficoltà concrete e oggettive, ovvero soprattutto per l’insostenibilità del rincaro dei prezzi dovuto alla guerra in Ucraina, senza che sia stato provato alcun inadempimento da parte della aggiudicataria del contratto non ancora concluso tra le parti.

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